Il  24 maggio è stato approvato dal Consiglio dei ministri, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2024, il decreto legge 29 maggio 2024, n. 69, anche detto decreto “Salva Casa”, entrato in vigore il 30 maggio, che reca “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”, ossia norme dirette ad agevolare la regolarizzazione degli abusi “minori” e che incide esclusivamente sulla “commerciabilità economica” e non su quella “giuridica”.

Fatta eccezione per l’art. 36 del T.U.E., per la quale valgono le conclusioni cui è pervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni unite con la sentenza 22 marzo 2019 n. 8230, ossia che l’atto traslativo dell’immobile è nullo solo in presenza dei cd. «abusi maggiori» (assenza di titolo edilizio o totale difformità) che non abbiano ottenuto una concessione in sanatoria, in quanto il bene è incommerciabile non potendo essere resa in atto la prescritta menzione del titolo edilizio che sia reale e riferibile all’immobile negoziato ovvero se manca in atto la dichiarazione che le opere di costruzione sono iniziate ante 1/9/1967 o nel caso in cui detta dichiarazione non sia veritiera.

Nella relazione illustrativa al D.L. 69/2024 si legge, tra l’altro, che “Le disposizioni mirano alla salvaguardia dell’interesse alla celere circolazione dei beni (…) Appare, pertanto, concreta e attuale la necessità di rimuovere situazioni di incertezza giuridica in merito allo stato di legittimità degli immobili con riferimento alle cd. ‘lievi difformità’ e di garantire il legittimo affidamento dei privati proprietari di immobili rispetto a difformità edilizie a vario titolo tollerate dall’ordinamento, che, tuttavia, non consentono di dimostrare lo stato legittimo dell’immobile (…) In particolare, trattasi di difformità che spesso rallentano le operazioni di compravendita, in alcuni casi arrivando addirittura a comprometterle”.

Trattandosi di “lievi difformità” nella suddetta relazione si evidenzia altresì che “Preme sottolineare l’importanza di mantenere distinte le predette lievi difformità dalle ipotesi di abuso più gravi consistenti in interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire o di SCIA straordinaria, ovvero in assenza di tale titolo, ovvero di variazioni essenziali al progetto approvato”.

Appare evidente che il decreto in commento non reca alcuna semplificazione del procedimento di regolarizzazione di interventi edilizi realizzati in assenza di titolo edilizio o in totale difformità, come la realizzazione di un’opera comportante aumento della volumetria assentita (ad es. una veranda o una sopraelevazione), interventi che non sono sanabili con il D.L. 69/2024 e che possono invece compromettere, come si è detto, la “commerciabilità giuridica” dell’immobile negoziato.

Ciò detto, il D.L. 69/2024 non riapre, pertanto, i termini del condono edilizio recato, nel passato, dalle leggi 47/1985, 724/1994 e 326/2003, in quanto introduce una disciplina “a regime” che trova applicazione senza limiti temporali (se non per quanto attiene, in alcuni casi, all’individuazione degli interventi da regolarizzare), ma interviene sulle sole difformità minori: edilizia libera, tolleranze costruttive ed esecutive, mutamento della destinazione d’uso senza opere, parziali difformità e stato legittimo dell’immobile, apportando alcune modifiche agli articoli 6, 9-bis, 23-ter, 31, 34-bis, 36 e 37 e introducendo il nuovo articolo 36-bis al testo unico edilizia (T.U.E.) recato dal d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.

1. L’edilizia libera (art. 6)

In particolare, l’articolo 1 (Modifiche al Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 – Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), al comma 1, lettera a), amplia le categorie di interventi che possono essere eseguiti in edilizia libera, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del T.U.E., ovverosia quegli interventi che non richiedono alcun titolo abilitativo, né permesso e/o comunicazione, ricomprendendo, tra gli stessi, la realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti (VEPA); tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera.

In ogni caso, le dette opere non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile; devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.

2. Lo stato legittimo dell’immobile (art. 9-bis, comma 1-bis)

L’articolo 1, comma 1, lettera b) prevede modifiche alla disciplina relativa allo stato legittimo degli immobili come definito all’articolo 9-bis, comma 1-bis del T.U.E., consentendo che lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare sia stabilito, alternativamente: (i) o dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione (o che ne ha legittimato la stessa); (ii) o da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare rilasciato all’esito di un procedimento idoneo a verificare l’esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Restano ferme le disposizioni di cui al secondo periodo dell’articolo 9, comma 1-bis, secondo cui per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le predette disposizioni si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Per le medesime finalità, si prevede, inoltre, che, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni, siano ricompresi tra i predetti titoli abilitativi anche quelli rilasciati o formati in applicazione delle previsioni contenute nel citato testo unico sull’edilizia concernenti i casi di accertamento di conformità (artt. 36 e 36-bis) ovvero i casi di interventi eseguiti in base a permesso annullato (art. 38). Infine, si stabilisce che ai fini della determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare concorre il pagamento delle sanzioni previste: (i) per gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33); (ii) per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34); (iii) per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità (art. 37); (iv) per gli interventi eseguiti in base a permesso annullato (art. 38), e la dichiarazione asseverata di cui all’art. 34-bis concernente le tolleranze costruttive.

3. Il mutamento d’uso urbanisticamente rilevante (art. 23-ter)

L’articolo 1, lettera c), modifica l’articolo 23-ter del T.U.E (Mutamento d’uso urbanisticamente rilevante) al fine di agevolare i cambi di destinazione d’uso di singole unità immobiliari senza opere. È previsto il principio dell’indifferenza funzionale tra destinazioni d’uso omogenee, così come individuate dalla legge statale o regionale (comma 1-bis).

In particolare, è sempre consentito il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare e senza opere, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, nei seguenti casi: (i) all’interno della stessa categoria funzionale; (ii) tra le categorie funzionali relative alla categoria: residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale e commerciale (sono, pertanto esclusi, i fabbricati rurali) di una singola unità immobiliare in immobili ricompresi nelle zone territoriali omogenee, di cui al DM 1444/1968 (comma 1-ter).

Per le singole unità immobiliari, il mutamento di destinazione d’uso, come sopra regolamentato, è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, qualora il mutamento sia finalizzato alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile.

Il mutamento non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale (cfr. DM 1444/1968) e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150. Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra il passaggio alla destinazione residenziale è ammesso nei soli casi espressamente previsti dal piano urbanistico e dal regolamento edilizio (comma 1-quater).

Quanto ai profili procedurali, ferme restando le leggi regionali più favorevoli, i cambi di destinazione d’uso di cui ai commi 1-bis e 1-ter sono soggetti alla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ferme restando le leggi regionali più favorevoli. Restano ferme le disposizioni del T.U.E. nel caso in cui siano previste opere edilizie.

La destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis del T.U.E.

Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso di un intero immobile all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.

4. Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31)

L’articolo 1, lettera d), modifica l’articolo 31, comma 5, del T.U.E. (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali), mediante la previsione che l’opera acquisita possa essere demolita, previo parere delle amministrazioni competenti ai sensi dell’articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, purché la demolizione non contrasti, oltre che con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, anche con rilevanti interessi culturali e paesaggistici.

In secondo luogo, al fine di introdurre una procedura che consenta ai Comuni la rimozione delle opere abusive e la successiva valorizzazione del bene o sedime acquisito nel patrimonio del Comune, si prevede che, nel caso in cui l’opera non contrasti con rilevanti interessi culturali, paesaggistici, urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, il Comune possa provvedere all’alienazione del bene e dell’area di sedime, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell’acquirente delle opere abusive.

Il valore venale dell’immobile è determinato dall’agenzia del territorio tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.

5. Le tolleranze costruttive (art. 34-bis)

L’articolo 1, lettera e), interviene sull’articolo 34-bis del T.U.E. (Tolleranze costruttive), prevedendo che, per gli interventi regolarmente realizzati (e, quindi, sono tassativamente esclusi gli interventi abusivi) entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i seguenti limiti:

• del 2% delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;

• del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;

• del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;

• del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati.

Ai fini del computo della superficie utile, la norma in commento precisa che si dovrà tenere conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo.

Per gli interventi successivi al 24 maggio 2024 rimane fermo il limite unico del 2% rispetto alle misure di progetto.

Nel decreto “Salva Casa” si prevede, inoltre, per coordinamento con la normativa in materia di autorizzazioni paesaggistiche, che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 e di cui all’articolo 34-bis del T.U.E. (Tolleranze costruttive) sono soggetti al regime di cui all’articolo 2, comma 1, del d.P.R. 31/2017, con conseguente esclusione dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica anche per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rientrino nei limiti delle tolleranze costruttive riparametrati ai sensi del nuovo comma 1-bis dell’articolo 34-bis e non solo nel limite del 2% come previsto, in via generale, dalla suddetta norma del d.P.R. 31/2017 (art. 3, comma 1, del D.L. 69/2024).

Sempre per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 costituiscono tolleranze esecutive (ossia le tolleranze di cantiere, in aggiunta a quelle già previste dal comma 2) anche:

► il minore dimensionamento dell’edificio;

► la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;

► le irregolarità esecutive di muri esterni e interni;

► la difforme ubicazione delle aperture interne;

la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;

gli errori progettuali corretti in cantiere e errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

La nuova disposizione prevede poi specifici e articolati adempimenti per il caso di tolleranze costruttive ed esecutive riguardanti unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche a eccezione di quelle a bassa sismicità.

Si prevede, infine, che l’applicazione delle disposizioni in tema di tolleranze costruttive e/o esecutive non può comportare limitazione dei diritti dei terzi. A tal fine il tecnico abilitato dovrà verificare la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi, e indicare le attività necessarie per eliminare tali limitazioni nonché presentare i relativi titoli edilizi, ove necessari.

6. L’accertamento di conformità (artt. 36 e 37)

L’articolo 1, lettera f), interviene sull’accertamento di conformità, prevedendo che la disciplina della cd. “doppia conformità” si applichi solo in caso di assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire o rispetto alla SCIA in alternativa al permesso di costruire (art. 23, comma 01, del T.U.E.).

La caratteristica dell’accertamento di conformità, così come disciplinato dal d.P.R. 380/2001 (T.U.E.) sino al 30 maggio 2024, data di entrata in vigore del decreto “Salva Casa”, consisteva nel fatto che la relativa sanatoria poteva essere chiesta e ottenuta soltanto qualora sussistesse il requisito della cd. “doppia conformità” dell’opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione sia a quella in vigore al momento della presentazione dell’istanza.

Il D.L. 69/2024 interviene sul punto prevedendo due distinte fattispecie di “accertamento di conformità” con diversa disciplina in ordine alla necessità della cd. “doppia conformità”:

(i) la prima, disciplinata dall’articolo 36 del T.U.E., diversamente rubricato, per la quale la sanatoria è in ogni caso subordinata alla “doppia conformità” (necessità della conformità alla normativa urbanistico-edilizia vigente sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione dell’istanza) che riguarda le ipotesi di:

assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire di cui all’articolo 31 T.U.E.;

assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto alla segnalazione certificata inizio attività prevista dall’articolo 23, comma 01, del T.U.E.;

(ii) la seconda, disciplinata dall’articolo 36-bis del T.U.E., per la quale non è più necessaria la “doppia conformità” alla disciplina urbanistico-edilizia, nel caso riguardi:

parziali difformità degli interventi dal permesso di costruire o dalla SCIA in alternativa al permesso di costruire, di cui all’art. 23, comma 01, del T.U.E. (art. 34 del T.U.E.);

assenza o difformità dalla SCIA “ordinaria”, di cui all’art. 22 del T.U.E. (art. 37 del T.U.E.).

Il D.L. 69/2024 dispone, all’articolo 36 del T.U.E., la soppressione del secondo periodo del comma 2: “Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso” e lascia invariato il comma 3: “ Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.”

L’articolo 36-bis prevede, in particolare, che in caso di esecuzione degli interventi di cui sopra, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 34, comma 1, del T.U.E. (di rimozione e/o demolizione degli abusi fissato nell’ordinanza del Dirigente o del responsabile dell’ufficio) e comunque fino all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso di costruire in sanatoria e/o presentare la SCIA in sanatoria se l’intervento risulti conforme:

alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;

ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.

Per gli abusi di cui all’articolo 36-bis del T.U.E., pertanto si distingue tra conformità alla disciplina urbanistica e conformità alla disciplina edilizia.

Per ottenere la sanatoria, infatti, necessitano:

a) la conformità alla disciplina urbanistica in vigore al momento in cui viene fatta la richiesta di sanatoria (a prescindere dalla conformità alla disciplina edilizia vigente in questo momento);

b) la conformità alla disciplina edilizia in vigore al momento della realizzazione dell’intervento (a prescindere dalla conformità alla disciplina urbanistica vigente in quel momento).

Il superamento della cd. “doppia conformità” è, pertanto, limitato alle ipotesi di parziali difformità degli interventi dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 34, nonché alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività, di cui all’articolo 37 del T.U.E.

Resta quindi confermata la disciplina vigente dell’accertamento di conformità ai sensi della “doppia conformità” nei casi di assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire o alla segnalazione certificata inizio attività, di cui all’articolo 36 del T.U.E.

La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria devono essere accompagnate dalla dichiarazione del tecnico abilitato che attesti le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento. L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione prevista per la determinazione dello stato legittimo ex articolo 9-bis, comma 1-bis, del T.U.E.

Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante detta documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità (art. 36-bis, comma 3, del T.U.E.).

Si prevede, inoltre, che lo Sportello unico del Comune possa condizionare il rilascio del provvedimento di sanatoria o l’efficacia della SCIA in sanatoria, alla realizzazione, da parte del richiedente, entro il termine assegnato, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento delle barriere architettoniche e la rimozione delle opere che non possono essere sanate (art. 36-bis, comma 2, del T.U.E.).

Con particolare riferimento ai profili procedurali, per il caso di richiesta di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, la nuova disposizione introduce il meccanismo del “silenzio assenso” prevedendo che sulla richiesta di permesso in sanatoria, ex art. 36-bis del T.U.E., il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale debba pronunciarsi con provvedimento motivato entro 45 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta. Per la SCIA, si applica, invece, il termine di 30 giorni di cui all’articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

In caso di immobili soggetti a vincolo paesaggistico, i predetti termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica, così come espressamente disciplinato al comma 4 dell’articolo 36-bis del T.U.E. Decorsi i predetti termini, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci.

Tali termini sono interrotti qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni previste dall’art. 36-bis, comma 6, del T.U.E.

Il rilascio del permesso in sanatoria e la presentazione della SCIA in sanatoria, ex articolo 36-bis, T.U.E., sono subordinati al pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, e comunque in misura compresa tra €. 1.032,00 e €. 30.987,00.

È previsto poi un incremento della sanzione nel caso l’immobile sia soggetto a vincoli paesaggistici ma venga, comunque, accertata la compatibilità paesaggistica, sanzione pari al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (art. 36-bis, comma 5, del T.U.E.).

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